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01 Luglio 2025
Prometteva soluzioni di sviluppo software automatizzato grazie a una sofisticata intelligenza artificiale, ma dietro Builder.AI, start up londinese che nel 2023 aveva raccolto milioni di dollari, c’erano in realtà 700 sviluppatori indiani in carne e ossa e sottopagati.
La truffa è andata avanti per alcuni anni, attraendo grandi investitori del calibro di Microsoft, Softbank e addirittura il fondo sovrano del Qatar, ma quando uno dei principali finanziatori ha ritirato 37 milioni di dollari per mancati pagamenti, il castello di carte è crollato.
Stipendi bloccati, clienti furenti, ogni operazione ferma, applicazioni generate dall’AI difettose, codici caotici e inutilizzabili: così si è inceppato un meccanismo che era arrivato alla stellare valutazione di 1,5 miliardi di dollari.
Insomma l’assistente virtuale Natasha, per fare un esempio pratico, presentata come una soluzione avveniristica AI in grado di creare app come bere un bicchier d’acqua, nascondeva un microcosmo di sfruttamento umano inaudito.
Ora Builder AI è fallita, oltre 270 dipendenti ufficiali e i 700 collaboratori esterni sono stati licenziati, ma il dilemma resta: come è stato possibile ingannare per anni i colossi dell’informatica?
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