Dal Mondo
Sindrome del sedere morto per troppa sedentarietà
Si chiama amnesia glutea, o in maniera più colorita Sindrome del Sedere Morto, ed è un disturbo sempre più diffuso non solo tra chi conduce una vita eccessivamente sedentaria ma anche tra atleti e sportivi.
L’indebolimento e la perdita di tonicità e funzionalità del grande gluteo non è solo una questione estetica, ma è una condizione che può avere ripercussioni anche sulla postura, sulle articolazioni e in generale sulla qualità della vita.
Come si arriva alla sindrome del sedere morto?
Principalmente per inattività, afferma Riccardo Borgacci, dietista, personal trainer e SEO specialist content editor per Mypersonaltrainer.it, in una intervista per Today.it.
Essendo un muscolo da lavoro, oltre che il più potente del corpo umano, se resta inattivo perde forza, si atrofizza, si indebolisce e si rimpicciolisce.
Le conseguenze non sono solo estetiche quindi, ma possono subentrare dolori localizzati dietro le natiche, modificazioni nella postura, rigidità della schiena e indolenzimenti articolari di anche e ginocchia, che devono intervenire per compensare la mancanza di forza del gluteo.
Se la causa principale è la sedentarietà, come mai interessa anche atleti e chi fa sport?
Borgacci puntualizza che dipende dalla disciplina, dalla preparazione atletica di base e ovviamente dalla soggettività; possono essere colpiti da amnesia glutea i golfisti, chi gioca a tennis, chi fa danza, i ciclisti e chi corre a piedi.
Per prevenire questa sindrome occorre avere principalmente uno stile di vita attivo, preferire gli spostamenti a piedi ove possibile, salire le scale, fare risveglio muscolare, ricordarsi di inserire qualche affondo o accosciata tra i propri esercizi.
Diverso è il discorso per coloro che devono recuperare: il protocollo di ricondizionamento, precisa Borgacci, richiede un modus operandi più mirato e attento.
Ad esempio nei soggetti non sportivi e sedentari occorre iniziare con movimento di isolamento e focus sul muscolo target, con esercizi mirati per almeno 3-6 settimane e l’inserimento in itinere di esercizi multiarticolari.
Questo molto in sintesi, perché, come ricorda Borgacci, è fondamentale affidarsi a tecnici sportivi e personal trainer in grado di studiare un piano di allenamento ad hoc a seconda delle necessità e fare un follow up puntuale dei progressi ottenuti.